domenica 21 aprile 2013

CLAUDIO COCCOLUTO: il massimo rappresentante dell'house in Italia e all'estero

Intervista di qualche anno fa ma sempre attuale fatta da me 
Claudio Coccoluto

 Nato (a Roma) sotto il segno del Leone nei primi anni Sessanta, ha cominciato a fare il dj per hobby a 13 anni. Le sue prime esperienze sono al Seven Up di Formia nel 1980. Nel 1985 interrompe gli studi per dedicarsi professionalmente al mixaggio. All' epoca suonava all' Hysteria accanto a Marco Trani. Oggi lavora in tutto il mondo e per lui volare  tre volte la settimana è routine.
Tra le sue esperienze più significative vanno certamentecitate le serate  Pussy Galores a Le Cinema di Milano: erano le prime one night nel 1990. Poi i primi rave romani di fine ottanta, il Peter Pan di Misano, l' Ecu di Rimini, lo Zen di Sperlonga, il varo del progetto Angels of Love a Napoli e i club londinesi e newyorkesi, come il Sound Factory bar di New York.
Oltre ad aver affermato la sua fama di dj rispettato a livello internazionale, la sua attività di remixer è richiesta da etichette e artisti di tutto il mondo.


con Howie B.

Da cosa e’ nata l'idea di “fare il deejay”?

Non è mai nata un idea precisa, piuttosto una predisposizione per la musica (a nove anni mia nonna mi regalava soldi per le figurine ed io ci compravo 45gg), un spiccato “senso del party” e della socializzazione, che mi ha portato prima in una radio pirata (a 13 anni) e di conseguenza, in un percorso naturale, dietro ai piatti nelle prime festicciole, poi clubbettini, quindi discoteche vere e proprie. Ma mai con propositi carrieristici, piuttosto percepivo questa attività come un hobby, senza mai prenderla troppo sul serio. Solo quando Marco Trani mi offrì di dividere (da secondo) la cabina dell’HISTERYA di Roma (1985-un dei migliori club italiani dell’epoca), accarezzai l’idea di mollare il resto e dedicarmi full time a “fare il dj”, a danno dei miei studi universitari e delle aspirazioni dei miei genitori.

Ha ancora senso dividere la musica in generi?

Non lo ha mai avuto per la musica, intendo dire che “i generi” hanno un senso solo per gli scaffali dei negozi ma non per chi ama la musica: la magia delle emozioni che la musica provoca all’ascolto è ancora un mistero, una melodia può toccarti l’anima e cambiare il tuo umore, può emozionarti o eccitarti, nessun altra ARTE ha un riscontro così intimo e immediato col nostro subconscio... con tutto questo i generi non hanno nulla a che fare!

Parliamo di djs, quali sono quelli che stimi di più ?? E di meno ??

Potrei appellarmi  alla diplomazia per non fare nomi, ma il concetto è più generale dei singoli nomi: la verità e che io sono innamorato di questo lavoro, vedo i miei colleghi come pedine fondamentali di un confronto continuo; trovo poi che il giusto spirito di competizione, la condivisione del piacere della musica, uno spirito di avventura e lo spregio degli atteggiamenti divistici siano gli elementi di coesione, e sono le cose che mi fanno vedere negli altri dj dei “compagni di gioco”. Diffido di tutti quelli che, prendendosi troppo sul serio, travisano il loro ruolo nella gerarchia musicale, comportandosi come rockstar improbabili e obsolete.





Un dj può essere considerato un artista?

Credo di si, lo ha decretato prima il pubblico, poi gli artisti e piano piano lo stanno affermando molti tra gli accademici. L’ARTE è comunicazione, passione e impegno e propria visione del mondo, e niente di ciò manca ai deejay col il valore aggiunto di una anarchia concettuale che vive in perfetta sincronia con l’epoca storica in corso. Il  “remix” (un icona del deejayismo) per esempio, oggi è un concetto esteso e accettato dalla moda al design, dalla letteratura al figurativo, come un passaggio obbligato verso il nuovo e che vive in uno strettissimo ambito che sta tra la “citazione” e la “copia” , ciò e lo rende pericoloso e affascinante per le capacità di equilibrio con cui va trattato. Sta capitando sempre più spesso di portare la mia esperienza a servizio di musicisti “veri” o di artisti acclamati


 Quali sonorità stai proponendo durante i tuoi dj set??


Dipende molto dal set, dalla gente, dalle emozioni che provo in una situazione: le borse dei dischi sono come una tavolozza per un pittore: le apri e secondo l’ispirazione usi quello che ritieni appropriato. Diciamo che in una condizione ideale suono ecletticamente di tutto ma con dei “sapori” d’insieme: sono convinto che “HOUSE” sia il modo in cui si suona e non la musica in se... Per cui un brano rock, fanky o soul può diventare house a seconda del momento in cui si programma. Chiaramente poi ci sono i percorsi esplorativi, le manie personali, l’assoggettamento a delle mode o ricorsi storici che in una forma omogenea e complessa determinano la “personalità” di ciò che si propone. Attualmente il suono degli anni 80’ ha contagiato un po’ tutto, e a me non dispiace affatto, ma il meglio lo danno sempre le contaminazioni, le ibridazioni che, come esperimenti di laboratorio, generano cose mai sentite e soddisfano il mio gusto della ricerca continua e incessante: a mio giudizio un vero dj non è mai uguale a se stesso, MAI, pena l’ovvio e l’inutilità della sua funzione.

E.P 





1 commento:

Anonimo ha detto...

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