Lodovico Morando, pittore
di Fernando Morando
Tenero il ricordo, forte la presenza, perenni gli insegnamenti.
Semplicemente, mio padre Lodovico ci ha insegnato a vivere, apprezzando
innanzitutto quello che ci circonda: persone, paesaggi, attività, sentimenti,
bellezza, arte, musica. I soggetti ritratti nei quadri sono il suo e il nostro
mondo, dall’infanzia alla maturità.
La sua, è stata una carriera d’artista fatta di piccoli passi spediti e
continui più che da grandi balzi, nutrita d’amore delle persone care e del
fascino dei personaggi del Monte Baldo e del Lago di Garda, con digressioni su
altri luoghi (tra cui Alberobello, Traviso e la Spagna) là dove lo accendeva
l’ispirazione.
Le donne della nostra famiglia sono state le modelle di tanti quadri. A
cominciare da un ritratto a carboncino che dodicenne, dedica alla nonna nel
1929, alle numerose pose di nostra madre Luigina (che gli è sopravissuta appena
quattro anni), alle figlie e ai numerosi nipoti che lo adoravano.
Un nonno speciale, con in mano carboncini, matite, pennelli, tavolozze,
fogli, alternati al mandolino. Perché pittura e musica sono i risvolti poetici
della sua arte. Colore e Mandolino, è la canzone composta per lui, la canto in
ogni evento dedicato a mio padre, in particolare durante le serate del premio
Arte e cultura del Garda, instituito in omaggio a Lodovico.
Se penso alla sua vita come ad un film, lo immagino bambino a Castion e
poi a Caprino, a intingere lo sguardo nei colori azzurri e verdi del Baldo e
del Garda. O nei rosati e violetti dell’alba e i rossi aranciati del tramonto,
così nitidi e intensi che si godono da qui.
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