Intervista di qualche anno fa ma sempre attuale fatta da me
Claudio Coccoluto |
Nato (a Roma) sotto il segno del Leone nei primi anni Sessanta, ha
cominciato a fare il dj per hobby a 13 anni. Le sue prime esperienze sono al
Seven Up di Formia nel 1980. Nel 1985 interrompe gli studi per dedicarsi
professionalmente al mixaggio. All' epoca suonava all' Hysteria accanto a Marco
Trani. Oggi lavora in tutto il mondo e per lui volare tre volte la settimana è routine.
Tra le sue
esperienze più significative vanno certamentecitate le serate Pussy Galores a Le Cinema di Milano: erano le
prime one night nel 1990. Poi i primi rave romani di fine ottanta, il Peter Pan
di Misano, l' Ecu di Rimini, lo Zen di Sperlonga, il varo del progetto Angels
of Love a Napoli e i club londinesi e newyorkesi, come il Sound Factory bar di New York.
Oltre ad aver
affermato la sua fama di dj rispettato a livello internazionale, la sua
attività di remixer è richiesta da etichette e artisti di tutto il mondo.
con Howie B. |
Da cosa e’ nata l'idea di “fare il deejay”?
Non è mai nata un idea precisa, piuttosto una predisposizione per la musica (a nove anni mia nonna mi regalava soldi per le figurine ed io ci compravo 45gg), un spiccato “senso del party” e della socializzazione, che mi ha portato prima in una radio pirata (a 13 anni) e di conseguenza, in un percorso naturale, dietro ai piatti nelle prime festicciole, poi clubbettini, quindi discoteche vere e proprie. Ma mai con propositi carrieristici, piuttosto percepivo questa attività come un hobby, senza mai prenderla troppo sul serio. Solo quando Marco Trani mi offrì di dividere (da secondo) la cabina dell’HISTERYA di Roma (1985-un dei migliori club italiani dell’epoca), accarezzai l’idea di mollare il resto e dedicarmi full time a “fare il dj”, a danno dei miei studi universitari e delle aspirazioni dei miei genitori.
Ha ancora senso dividere la musica in
generi?
Non lo ha mai avuto per
la musica, intendo dire che “i generi” hanno un senso solo per gli scaffali dei
negozi ma non per chi ama la musica: la magia delle emozioni che la musica
provoca all’ascolto è ancora un mistero, una melodia può toccarti l’anima e
cambiare il tuo umore, può emozionarti o eccitarti, nessun altra ARTE ha un
riscontro così intimo e immediato col nostro subconscio... con tutto questo i
generi non hanno nulla a che fare!
Parliamo di djs, quali sono quelli che
stimi di più ?? E di meno ??
Potrei appellarmi alla diplomazia per non fare nomi, ma il
concetto è più generale dei singoli nomi: la verità e che io sono innamorato di
questo lavoro, vedo i miei colleghi come pedine fondamentali di un confronto
continuo; trovo poi che il giusto spirito di competizione, la condivisione del
piacere della musica, uno spirito di avventura e lo spregio degli atteggiamenti
divistici siano gli elementi di coesione, e sono le cose che mi fanno vedere
negli altri dj dei “compagni di gioco”. Diffido di tutti quelli che,
prendendosi troppo sul serio, travisano il loro ruolo nella gerarchia musicale,
comportandosi come rockstar improbabili e obsolete.
Un dj può essere considerato un
artista?
Credo di si, lo ha
decretato prima il pubblico, poi gli artisti e piano piano lo stanno affermando
molti tra gli accademici. L’ARTE è comunicazione, passione e impegno e propria
visione del mondo, e niente di ciò manca ai deejay col il valore aggiunto di
una anarchia concettuale che vive in perfetta sincronia con l’epoca storica in
corso. Il “remix” (un icona del
deejayismo) per esempio, oggi è un concetto esteso e accettato dalla moda al
design, dalla letteratura al figurativo, come un passaggio obbligato verso il
nuovo e che vive in uno strettissimo ambito che sta tra la “citazione” e la
“copia” , ciò e lo rende pericoloso e affascinante per le capacità di
equilibrio con cui va trattato. Sta capitando sempre più spesso di portare la
mia esperienza a servizio di musicisti “veri” o di artisti acclamati
Quali sonorità stai proponendo durante
i tuoi dj set??
Dipende molto dal set,
dalla gente, dalle emozioni che provo in una situazione: le borse dei dischi
sono come una tavolozza per un pittore: le apri e secondo l’ispirazione usi
quello che ritieni appropriato. Diciamo che in una condizione ideale suono
ecletticamente di tutto ma con dei “sapori” d’insieme: sono convinto che
“HOUSE” sia il modo in cui si suona e non la musica in se... Per cui un brano
rock, fanky o soul può diventare house a seconda del momento in cui si
programma. Chiaramente poi ci sono i percorsi esplorativi, le manie personali,
l’assoggettamento a delle mode o ricorsi storici che in una forma omogenea e
complessa determinano la “personalità” di ciò che si propone. Attualmente il
suono degli anni 80’ ha contagiato un po’ tutto, e a me non dispiace affatto,
ma il meglio lo danno sempre le contaminazioni, le ibridazioni che, come
esperimenti di laboratorio, generano cose mai sentite e soddisfano il mio gusto
della ricerca continua e incessante: a mio giudizio un vero dj non è mai uguale
a se stesso, MAI, pena l’ovvio e l’inutilità della sua funzione.
E.P
1 commento:
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